Intervista esclusiva con Alberto Brugnoni per “La Finanza Islamica” Magazine

ASSAIF, con sede legale a Milano, offre consulenza strategica istituzionale a governi, banche centrali, istituzioni pubbliche e semi-pubbliche, enti locali e regionali. Opera a progetto, costituendo in giurisdizioni diverse gruppi di professionisti ed esperti in materia legale e sciariatica, fiscale e amministrativa, di ingegneria finanziaria e marketing.

Managing Partner di ASSAIF è Alberto Brugnoni cui abbiamo posto alcune domande.

ASSAIF è stato il primo ufficio di finanza islamica ad aprire i battenti in Europa. Com’è iniziata questa avventura?

Nel corso degli anni ’80 lavorando a Merrill Lynch – a quel tempo, una delle più importanti banche d’affari del mondo – sviluppai un atteggiamento prima dubbioso e poi scettico sull’intermediazione finanziaria convenzionale. Qualche anno dopo, nel settembre 1986, incontrai alla 1° Conferenza sulla Finanza Islamica organizzata a Washington dalla Banca Mondiale, personaggi del calibro di Ahmed al-Naggar – il padre fondatore della finanza islamica, e il leggendario Ibrahim Shihata – general counsel della WB. Sperimentai così di prima mano l’approccio fondamentalmente diverso della finanza islamica e questo mi convinse a lanciare alcune transazioni pionieristiche, anche se, a dire il vero, erano delle semplici murabahah transate sul London Metal Exchange. Ben presto, un opuscolo in arabo con il toro di Merrill Lynch vide la luce e altre transazioni di finanziamenti partecipativi seguirono. Il brusco crollo dell’indice del Dow Jones nel ‘lunedì’ nero’ del 19 ottobre 1987 –  la prima di molte crisi di là da venire, mi fece capire che ero sulla strada giusta! Devo, però, ammettere che già dai miei anni universitari a Ginevra – quando in aggiunta a economia e finanza studiai arabo classico – ho sempre avuto un debole per tutto ciò che riguarda la cultura islamica!

Ed è a questo punto che sono partite le prime iniziative di finanza islamica in Italia?

Purtroppo no, non c’erano ancora le condizioni per poterlo fare. Lasciai, quindi, Merrill Lynch e per un certo numero di anni mi concentrai sullo studio degli usul al-fiqh e usul al-din, leggendo i testi fondatori del pensiero islamico con particolare riferimento ai mu’amalat. Mi era chiaro che le modalità islamiche di finanziamento (fossero esse a debito o partecipative) non erano che strumenti per attuare il sistema valoriale esposto dalle due fonti ontologiche dell’Islam, Corano e hadith, e conosciuto con il nome di maqasid al-shariah.  E che la proposta finanziaria islamica per essere compresa come un qualcosa di veramente innovativo, doveva coniugare lettera e spirito.

Quali sono stati i progetti più significativi portati avanti negli anni da ASSAIF ?

I progetti finanziari dei quali si occupa ASSAIF mirano a un miglioramento economico ma anche a ‘riportare a galla’ nella società in cui opera quei valori, patrimonio del pensiero economico islamico, che tendono a essere offuscati dalla modernità e a passare in secondo piano. Questi, d’altronde, sono valori che hanno attraversato tutta la storia dell’umanità e che si ritrovano già enunciati nell’antichità classica. Dopo essere stati accolti da ebraismo e cristianesimo, sono stati fatti propri dall’Islam, che li applica in maniera peculiare ma senza rivendicarne la paternità. Nel 2006, ad esempio, ASSAIF ha sviluppato un progetto per la riabilitazione delle quattro discariche siriane di Damasco, Homs, Aleppo, e Ladakie attraverso l’uso combinato del ‘Clean Development Mechanism’ del Protocollo di Kyoto e un contratto di istisna’. Il progetto mirava alla creazione di “Certificati di Riduzione delle Emissioni” utilizzando il gas metano proveniente dai rifiuti per produrre elettricità e venderla alla rete elettrica. Nel 2010 – dopo un periodo passato a Jeddah per aprire un Family Office islamico – abbiamo strutturato ed eseguito il primo finanziamento sindacato islamico nella Federazione Russa che mirava a far giungere alle PMI russe finanziamenti provenienti dal Golfo. Questa transazione è stata in seguito nominata ‘European Deal of the Year’. Nel 2012, abbiamo lavorato in quello che è oggi lo Stato di Palestina e sviluppato una musharakah  mutanaqisah per facilitare l’accesso alla proprietà immobiliare ai palestinesi residenti in Cisgiordania. Negli ultimi due anni, poi, abbiamo lanciato in Afghanistan il Takaful e, in seguito, disegnato e implementato una strategia nazionale per espandere l’accesso ai servizi finanziari islamici alle comunità che vivono nelle zone rurali del paese. Tutti questi sono esempi di progetti destinati ad avere un impatto reale sulla società.

E in Italia, quali sono state le iniziative intraprese?

Innanzitutto, nel 1997, ho pubblicato il “Progetto Pilota Genoardo”, commissionato dal Comune di Palermo. Questo progetto seminale – che prendeva il nome dall’arabo Jannat al-Ard (paradiso in terra), che in epoca arabo-normanna indicava il grande parco urbano di Palermo – proponeva l’uso di modi di finanziamento islamici per soddisfare i bisogni della popolazione musulmana, quali moschee, abitazioni, prodotti halal, madrasa, e cimiteri. Il Genoardo – com’era affettuosamente soprannominato in tutta Europa – proponeva una politica di inserimento secondo il modello tradizionale della ‘città islamica’, esempio di pacifica convivenza fra etnie e religioni, modello a cui ispirarsi per la creazione di una Europa ‘dal basso’, veramente multietnica e solidale. Richiese ampie ricerche in materia di pianificazione urbana, sociologia, storia, finanza ed economia islamiche, nonché sulla relazione tra il codice civile italiano e la shariah. A quel tempo il ‘Genoardo’, con le sue proposte volte alla conservazione dell’identità culturale della comunità di immigrati musulmani – e quindi alla stabilità sociale della comunità stessa – contribuì in maniera originale al dibattito in corso sulle nuove forme di cittadinanza emergenti nelle società occidentali.

Il Genoardo, inoltre, è stato un progetto pilota perché in un mondo caratterizzato dal policentrismo e dai rapporti interregionali, ha posto come quadro di riferimento il federalismo municipale e identificato il Comune come sede istituzionale naturale per la gestione delle tematiche immigratorie. Inoltre, e in contrasto con l’astrazione dei megaprogetti a opera dei governi, ha scelto di risolvere passo dopo passo problemi concreti sotto l’aspetto non solo economico, ma anche etico: un contributo fattivo al dialogo interreligioso, oltre che politico, tra le sponde del Mediterraneo.

Nel 2006, a Pavia, ASSAIF ha strutturato il finanziamento per l’acquisizione di una piccola fabbrica dismessa da trasformare in centro culturale a beneficio dei musulmani locali. La descrizione di questa prima operazione di finanza sciariatica eseguita in Italia, è stata pubblicata nella rivista della Fondazione Housing Sociale e ci ha dato l’opportunità di studiare le varie opzioni ammesse dal codice civile italiano per usare i modi di finanziamento islamici. Abbiamo, in seguito, organizzato con l’Associazione Bancaria Italiana una conferenza sulla finanza islamica e siamo stati membri di un comitato per studiare la possibile emissione di un sukuk sovrano italiano. Da allora, ASSAIF ha strutturato alcune transazioni islamiche sul mercato dei capitali. Infine, abbiamo tradotto in italiano e pubblicato “La Finanza islamica Demistificata – Correggere gli equivoci e avanzare proposte valoriali”.

Ma in giurisdizioni non-musulmane ci potrà mai essere un punto di incontro con la finanza convenzionale?

È una questione alquanto spinosa e la risposta dipende molto da cosa s’intende per convenzionale. Di primo acchito direi di no, in quanto gli scopi fondanti del sistema etico di finanziamento proposto dall’economia islamica – quali la giustizia sociale, la riduzione della povertà, e la prevenzione dello sfruttamento, e molti altri – sono in netto contrasto con l’approccio neo-classico. In effetti, benché condivida con l’economia neo-classica i meccanismi di mercato, questi sono filtrati da un processo peculiarmente islamico volto a produrre un individuo socialmente responsabile. Però, se si scava un po’, si noterà che ci sono settori all’interno della stessa area convenzionale che sono in rotta di collisione con il pensiero dominante, e che postulano anch’essi la creazione di un individuo socio-tropico. Stabilire rapporti con questi settori potrebbe essere di reciproco vantaggio! Si pensi agli Investimenti Socialmente Responsabili – del valore di oltre 3.700 miliardi di dollari, o ai fondi del Global Impact Investment, ben al di sopra dei 1 .000 miliardi.

Ma cosi facendo non si rischia di diluire la specificità della proposta finanziaria islamica?

Sì certamente, ma è un rischio che va corso. L’obiettivo non è quello di mischiare ambiti che vanno tenuti separati ma piuttosto di condividere con questi, settori delle modalità di intermediazione finanziaria che sono senz’altro più in sintonia con i loro obiettivi e che, lo ripeto, sono state patrimonio anche della finanza convenzionale ‘pre-moderna’. Allo stesso tempo, di approfittare della loro esperienza in quei settori dove la finanza islamica è purtroppo in ritardo. È in questo spirito che tra il 2004 e il 2007 ho ideato e gestito ‘Nuovi Stili di Vita’, un progetto pan-europeo di finanza etica interamente finanziato dalla Commissione Europea. Questo progetto ha investigato e mappato quelle nuove forme di cittadinanza conosciute come Reti di Economia Solidale, le cui politiche di mutualità e di sviluppo sostenibile certamente condividono alcuni degli scopi fondanti dell’economia islamica. Inoltre, ‘Nuovi Stili di Vita’ ha sviluppato una nuova serie di indicatori di analisi finanziaria, misurato il valore del capitale sociale, studiato l’approccio cooperativo alla finanza, e affrontato il problema dell’esclusione finanziaria e sociale. Tutti questi sono temi il cui studio può beneficiare la proposta finanziaria islamica. Inoltre, ha anche proposto l’uso di un sistema di monete complementari, argomento noto alla finanza islamica con il dibattito sul ‘Gold Dinar’. ‘Nuovi Stili di Vita’ è ora un’iniziativa autonoma.

Qual è, quindi, il ruolo della finanza islamica in società quali quella italiana?

È un ruolo di testimonianza e allo stesso tempo propositivo. Di testimonianza, perché ad esempio, l’interdizione del tasso d’interesse, fulcro della proposta islamica, è comune alle altre due religioni abramitiche che l’hanno, purtroppo, persa per strada. Così come il divieto di speculazione, dell’alea eccessiva, dell’intermediazione finanziaria fine a se stessa, degli investimenti in settori che nulla apportano al benessere sociale o individuale, ecc. Ed è propositivo, perché è l’unica ad avere oggigiorno degli strumenti operativi oramai rodati che possano fattivamente contribuire all’emergere di quelle nuove forme di intermediazione finanziaria il cui bisogno da parte delle società occidentali è sotto gli occhi di tutti. Vi è, inoltre, un aspetto sul quale non si riflette molto. Se si scompongono nei singoli elementi i modi di finanziamento islamici, finanche la tanto vituperata murabahah, vi si trova una saggezza infinita che è implicita, inerente, alla struttura stessa! Applicando, anche a occhi chiusi, una certa struttura, le ricadute positive sono praticamente automatiche, siano esse il rispetto dei diritti di entrambe le parti alla transazione, quelli della società circostante, dell’ambiente, ecc. I modi di finanziamento islamici sono uno strumento molto forte di coesione sociale, e alla fine di felicità. La verità è che l’intero quadro di riferimento della finanza islamica è profondamente radicato in realtà spirituali e questo è il motivo per il quale la sua implementazione contribuisce a una società equilibrata e sana.

Da quello che dice sembrerebbe che la finanza islamica faccia parte di un quadro di riferimento molto più ampio

In linea di principio è proprio così! In Islam esistono strumenti di perequazione molto potenti – la zakat obbligatoria, la sadaqah quasi-obbligatoria e i prestiti benevoli (qardh hasan) raccomandati. E abbiamo il waqf – il precursore del trust, già conosciuto nell’alto medioevo italiano con il nome di fondazione pia – progettato per affrontare una serie di questioni sociali e di pubblico interesse. Coniugare questi strumenti con i modi di finanziamento islamici porterebbe, senz’altro, a una proposta molto efficace e dalle ampie ricadute sociali.

ASSAIF ha dei progetti in Italia?

Abbiamo unito il famoso hadith “Dio è bello e ama la bellezza” al fatto che viviamo nel ‘Bel Paese’! Con questo in mente, stiamo lavorando su una serie di iniziative di marketing che legano quei marchi la cui produzione ruota sul concetto di ‘bellezza’ (cultura e moda, stile di vita e il tempo libero, design e architettura, ecc.) ai valori fondanti della finanza islamica, tutti considerati riflessi della Bellezza eterna. Per il momento, ci stiamo concentrando su quei prodotti che sono apprezzati in tutto il mondo. L’idea è di rendere il finanziamento islamico accessibile ai settori del Cibo, Abbigliamento e Moda, Arredamento & Design, Viaggi, Media & Divertimento, Cosmesi per sviluppare, produrre e commercializzare prodotti halal. Stiamo pensando a tre iniziative: un fondo Food Halal-Bio (che rappresenterebbe il passaggio raccomandato dal Corano da halal a tayyab), un fondo soprannominato ‘Modest Dress’, e un iniziativa davvero all’avanguardia sulla musica.

Ci auguriamo, infine, che EXPO 2015 – ospitato da Milano con un contributo importante degli Emirati Arabi Uniti dove si svolgerà l’edizione 2020 – possa rappresentare una vetrina importante per tutte queste iniziative.

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