Brevi cenni su concessione di vendita, clausola di esclusiva ed il loro rapporto con la disciplina in materia di marchi, segni distintivi e obblighi di assistenza.

di Nicolò Calcagno

1. La concessione di vendita.

La concessione di vendita, pur essendo diffusa da oltre un secolo sul panorama commerciale internazionale, ha trovato solo di recente, con l’avvento della produzione di massa, della globalizzazione e del marketing, una diffusione su larga scala e si trova tuttora priva di una disciplina legale nel nostro ordinamento.

L’elemento caratterizzante di siffatta fattispecie è indubbiamente dato dalla natura “imprenditoriale” dei protagonisti. Come è noto, infatti, il concedente ed il concessionario sono, generalmente, imprenditori commerciali che attraverso un’autonoma organizzazione di mezzi e risorse operano nel medesimo mercato, ma a livelli diversi (produzione e distribuzione). Attraverso il contratto de quo i due imprenditori mirano a soddisfare interessi autonomi ma convergenti.

Detto contratto serve al concedente, in primo luogo, a riversare sul distributore i rischi della mancata vendita dei prodotti oltre a soddisfare l’interesse del produttore a creare un canale privilegiato di distribuzione ed assistenza per il consumatore sino alla fase post-vendita. Garantisce inoltre un continuo movimento finanziario tra le parti del negozio secondo le condizioni di pagamento fissate all’inizio. Il distributore-concessionario, invece, entra a far parte di un meccanismo nel quale “il prodotto di marca si vende da solo” e vi entra come elemento privilegiato che collabora al miglioramento, sia tecnico che commerciale del prodotto stesso, ed ottiene in cambio contributi per la pubblicità, utilizzo dei marchi, esclusiva territoriale (spesso) e quindi protezione dalla concorrenza sleale altrui. Non solo, il distributore può altresì contare su un guadagno “conosciuto e garantito”, nonostante i rischi da lui assunti in caso di mancata vendita della quantità minima di prodotto concordata e programmata con il produttore-concedente.

Da un punto di vista soggettivo la concessione di vendita rappresenta un contratto d’impresa “bilaterale”. Meglio ancora, con riferimento ai soggetti (imprenditori entrambi) che solitamente sono parti del contratto in commento, si tratta di un “negozio d’impresa bilaterale”sinallagmatico. Sono infatti fondamentali i rapporti di collaborazione tra produttore e concessionario che si sostanziano in scambio e promozione/vendita dei prodotti.

L’atipicità del contratto di concessione di vendita fa sì che non sia possibile un’applicazione de plano delle norme proprie di alcun tipo legale di contratto, invero però è prassi consolidata quella di applicare le norme generali sui contratti in relazione alle obbligazioni che da esso derivano. essendo poi la concessione un contratto che al suo interno contiene molteplici clausole differenti, ciascuna finalizzata a regolare un “pezzo di contratto”, risultano applicabili le regole contrattuali peculiari per quelle tipologie di negozi sulla base dei quali si incardina l’accordo tra le parti. Infine, ai sensi della disposizione di cui all’art. 1322 c.c., si riconosce il massimo valore alla volontà delle parti che costituisce il punto di partenza fondamentale su cui si costruisce l’intero negozio (concerne infatti l’assetto degli interessi economici che le parti vogliono conseguire mediante la conclusione del contratto di concessione).

2. La clausola di esclusiva.

La clausola di esclusiva permette alle parti di rafforzare il rapporto di collaborazione siglato con il contratto di concessione, portando ad una integrazione più pregnante tra il concessionario e la rete distributiva del concedente.

Detta clausola presenta però un duplice volto nei confronti del concessionario: da un lato garantisce al distributore una vera e propria “zona di esclusiva” senza concorrenza diretta di altri soggetti, dall’altra permette al concedente di imporre al suo concessionario tutta una serie di obblighi (prezzi, quantità di acquisto, obblighi di assistenza, obblighi pubblicitari etc.) che, di fatto, ne limitano l’autonomia imprenditoriale.

Non esistendo una disciplina legislativa ad hoc occorre, anche in questo caso, osservare la prassi del mondo commerciale, da cui si deduce che la clausola in esame è strettamente correlata all’inquadramento ed alla definizione di una determinata zona di territorio entro la quale il concessionario ha il privilegio di muoversi libero da concorrenza altrui. nonostante ciò, non si può certo dire che detta clausola sia un elemento necessario ai fini della conclusione di un contratto di concessione.

La clausola in commento, da un punto di vista soggettivo, può essere stipulata a favore del solo concedente, del solo concessionario, ovvero di tutti e due. Nel primo caso serve a vincolare il concessionario a non distribuire prodotti in concorrenza con quelli del concedente. nel secondo invece, il meccanismo della clausola di esclusiva si individua nella limitazione imposta al concedente di nominare altro distributore nel medesimo territorio riservato ed affidato al concessionario, ovvero l’obbligo per il concedente di imporre a tutti gli altri concessionari il divieto di vendita nella zona di esclusiva del primo concessionario.

In caso di violazione del patto di esclusiva si configura un classico inadempimento contrattuale che, a seconda della gravità della violazione potrà portare alla risoluzione del rapporto, secondo gli schemi generali del contratto, ed a un risarcimento del danno se dovuto.

3. il rapporto con la disciplina in materia di marchi, segni distintivi e obblighi di assistenza.

Il concedente, siglando con il concessionario un accordo di concessione di vendita, concede a quest’ultimo il più volte citato privilegio di rivendere prodotti “di marca” che, proprio per tale ragione, agevolano lo stesso concessionario in fase di vendita. Per contro però, nei confronti di quest’ultimo è ravvisabile una seria limitazione alla libertà imprenditoriale. Egli infatti, trovandosi in posizione debole nei confronti del produttore, può talvolta sentirsi soffocato e sopraffatto dalla volontà del concedente, con conseguenze anche tragiche in caso di cessazione del rapporto.

Spesso, i contratti di concessione di vendita contengono apposite clausole che permettono al concessionario, ai fini della rivendita del prodotto, di fregiarsi del marchio del produttore. Sebbene non sia un aspetto necessario ai fini della conclusione del contratto in commento, tale aspetto è di particolare rilevanza soprattutto da un punto di vista strategico-commerciale. Poter utilizzare il marchio del concedente permette al concessionario di promuovere al meglio i prodotti, di attirare il consumatore e di dimostrare di appartenere ad una complessa rete di vendita, incardinata direttamente con il produttore.

Anche rispetto alle clausole ora in commento, la vera protagonista rimane sempre la volontà delle parti. Queste infatti, libere da vincoli, possono accordarsi nei modi più diversi circa l’utilizzo dei marchi. Si pensi ad esempio al materiale pubblicitario, per mezzo del quale il concedente ha l’opportunità di affiancare il proprio segno distintivo al marchio del produttore. Il concessionario si impegna anche a tutelare detti marchi e segni distintivi che vengono lui concessi.

Per quanto concerne gli obblighi di assistenza che il concessionario rivenditore deve prestare nei confronti del consumatore-acquirente si individua tale obbligo come strettamente correlato al privilegio di rivendita al consumatore del prodotto che, il concessionario, si impegna a rispettare con la stipula della concessione (dipende anche dalla natura del prodotto

che viene commercializzato).

Anche in questa circostanza, per cogliere appieno le caratteristiche di siffatto obbligo occorre indirizzare lo sguardo alla prassi commerciale. il servizio assistenza è prima di tutto necessario per il successo della rivendita (si pensi alla vendita di autoveicoli), anche se dispiega effetti positivi anche per quei prodotti che non necessitano di assistenza tecnica vera e propria, elevando il concessionario ad una posizione di vantaggio rispetto ai suoi concorrenti che non erogano tale servizio.

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