Indennizzo Diretto: problemi applicativo, aspettative e giudizi prognostici

Quadro delle aspettative e dei giudizi prognostici dopo l’entrata in vigore.

Già dopo pochi mesi dall’entrata in vigore dell’indennizzo diretto (disciplinato dagli art. 149 e 150 del Codice delle Assicurazioni e dal d.P.R. 18 luglio 2006 n. 254) il quadro delle aspettative e dei giudizi prognostici è davvero variegato.

Se da una parte si era posto l’accento sui vantaggi che ne sarebbero derivati, in termini di abbattimento dei premi, dalla riduzione delle spese (anche professionali) connesse alla gestione delle procedure, dall’altra si avvertono le difficoltà soprattutto operative della nuova procedura che impongono la necessità di rivedere, per certi versi in modo radicale, tutta la materia della responsabilità civile auto.

Non è un caso, infatti, che recentemente siano state avanzate delle proposte di emendamento della nuova procedura del risarcimento diretto al fine di introdurre alcune correzioni alla normativa che, congeniata e scritta in maniera del tutto negligente, ha creato numerose ed intricate questioni interpretative, nonché evidenti dubbi di legittimità costituzionale.

Sin dall’approvazione del Codice delle Assicurazioni e anche dopo l’entrata in vigore del regolamento attuativo, si è venuta a diffondere tra i cittadini una generale disinformazione circa il reale ambito d’applicazione della nuova procedura; non pochi sono infatti i danneggiati che, ignari della limitata applicazione della procedura di risarcimento, decidono di non consultare un legale rivolgendosi direttamente alla propria impresa di assicurazione, esponendosi al rischio di non ottenere risarcimenti satisfattivi.

Ambito di applicazione.

Ai sensi dell’art. 149 Cod. Ass. la procedura di risarcimento diretto opera unicamente ove ricorrano i seguenti requisiti:

  • 1) sinistro tra due veicoli a motore;
  • 2) entrambi identificati e assicurati per la r.c.a.;
  • 3) danni al veicolo, danni a cose trasportate di proprietà dell’assicurato o conducente;
  • 4) lesioni personali di lieve entità (pari o inferiori al 9% di danno biologico permanente) subiti dal conducente non responsabile;

Non si applica quindi la nuova procedura: ai sinistri verificatisi in assenza di scontro, dal momento che il regolamento di attuazione precisa che per “sinistro” deve intendersi la collisione tra due mezzi; ai sinistri multipli, laddove siano coinvolti più di due veicoli responsabili (es. nel tamponamento a catena); ai sinistri tra un veicolo e un pedone; tra un veicolo e una bici; né tra due veicoli e un pedone responsabile.

Il primo problema interpretativo che si pone è se la procedura di risarcimento diretto si applica ai soli casi in cui il danneggiato non sia responsabile (ai sensi dell’art. 149 Cod. Ass.) oppure anche nei casi di concorso di colpa. La questione particolarmente spinosa deriva dal fatto che il Regolamento di attuazione dell’Indennizzo Diretto – d.P.R. 254/2006 – ha espressamente esteso l’applicazione della procedura anche alle ipotesi di concorso di colpa (“danneggiato in tutto, o in parte, non responsabile del sinistro”). Negligentemente il Cod. Ass. non aveva tenuto conto che l’art. 2054 c.c., norma regolatrice della materia circolazione dei veicoli, presuppone una presunzione iuris tantum di pari responsabilità dei conducenti; quindi, la soluzione corretta dovrebbe essere quella secondo la quale la procedura in questione si applica solo nel caso in cui vi sia perlomeno una presunzione di responsabilità della controparte, es. in caso di tamponamento o, eventualmente e con qualche cautela, nell’ipotesi di ammissione di una piena ed incontrovertibile responsabilità della controparte, risultante dal modulo blu sottoscritto da entrambi i conducenti.

Modalità di richiesta del risarcimento: contrasto con la Legge Delega.

Ai sensi dell’art. 145 Cod. Ass. la nuova procedura liquidativa, che costituisce una vera e propria eccezione alla disciplina ordinaria di cui all’art. 144 Cod. Ass., prevede che la richiesta di risarcimento vada proposta – solo dopo che siano decorsi sessanta ovvero novanta giorni, rispettivamente in caso di danni a cose e in caso di danno alla persona – dal conducente-danneggiato nei confronti dell’ impresa assicuratrice che ha stipulato il contratto relativo al veicolo utilizzato – a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento inviata per conoscenza alla compagnia assicurativa dell’altro veicolo coinvolto – e non già contro il responsabile civile e l’assicurazione di quest’ultimo.

Già a partire da questa norma sorge il secondo interrogativo e cioè se la raccomandata con avviso di ricevimento sia l’unico strumento possibile per poter mettere in moto l’azione per il risarcimento o se al contrario vi sia la possibilità di trasmettere la richiesta con altri mezzi equipollenti. Sul punto ed in disarmonia con il Codice delle Assicurazioni l’art. 5 del d.P.R. n. 254/2006 espressamente contempla la possibilità della consegna a mano o a mezzo telegramma o telefax o, se non esplicitamente escluso, in via telematica. Questo contrasto tra le due normative non è privo di rilevanza, anzi è foriero di questioni interpretative di non semplice soluzione se si considera che prevalendo la norma primaria, ossia il Codice delle Assicurazioni, sulla fonte secondaria, il Regolamento di attuazione, si ritiene che l’unico strumento idoneo a far decorrere i termini per la formulazione dell’offerta sia esclusivamente la raccomandata con avviso di ricevimento, anche perché non sarebbe possibile altrimenti individuare il momento in cui il danneggiato sia legittimato ad agire in via giudiziale per vedere soddisfatte le sue posizioni risarcitorie. Tutto ciò è pacifico quantomeno per coloro che, esperti del settore, questa materia la trattano quotidianamente; non altrettanto può dirsi, invece, per i danneggiati che, ignari della questione e dei problemi applicativi che da essa irrimediabilmente ne derivano, saranno esposti ad inevitabili eccezioni e contestazioni, qualora si avvalgano di strumenti diversi dalla raccomandata.

La procedura di risarcimento diretto obbliga quindi il danneggiato ad essa sottoposto a seguire una via determinata, limitandolo nella scelta del debitore, con ciò ponendosi in contrasto con la legge delega e ponendo problemi di discriminazione tra i danneggiati soggetti alla procedura ordinaria, non vincolati al soggetto debitore, e quelli della procedura diretta, costretti a subire la trasformazione di un’ obbligazione extracontrattuale in obbligazione “contrattualizzata” e riposta interamente nelle mani di un unico debitore.

Procedura di risarcimento.

La richiesta di risarcimento completa dei requisiti richiesti dall’art. 148 Cod. Ass., sia essa presentata per i danni a cose, sia essa riferita ai casi di lesioni personali, obbliga l’impresa di assicurazione a formulare un’offerta, e in tale ipotesi, se accettata dal danneggiato, a provvedere al pagamento della somma entro quindici giorni, o a specificare i motivi per cui ritiene di non formulare l’offerta. Se decorsi trenta giorni il danneggiato non si pronuncia sulla somma offertagli l’impresa di assicurazione provvede comunque al pagamento nel termine di quindici giorni.

Assistenza legale stragiudiziale.

Il d.P.R. del 2006 ha ulteriormente aggravato la situazione, già sufficientemente complicata, e in particolare le posizioni dei danneggiati, poiché ha espressamente escluso le spese legali dal novero dei costi stragiudiziali rimborsabili in capo al danneggiato.

Il creditore-danneggiato è lasciato totalmente nelle mani del suo debitore; si pensi che in buona sostanza saranno o dovrebbero essere le compagnie assicuratrici ad autoscriversi la richiesta di risarcimento, a spiegare al creditore come documentare i propri danni, a determinare concorsi di colpa e ammontare dei risarcimenti (rimborsi o indennizzi), infine a dettare i tempi della liquidazione, mentre il danneggiato, privo dell’ausilio, dei consigli e dell’assistenza di un avvocato confiderà nella buona fede della sua assicurazione credendo di poter ottenere la liquidazione del giusto ed equo risarcimento.

L’obiettivo palese che la nuova normativa intende perseguire è quello di estromettere il più possibile i legali dalla gestione del contenzioso r.c.a., a discapito dei danneggiati, ciò non solo al fine di tagliare i costi comportanti il loro intervento, ma altresì per corrispondere un risarcimento decisamente inferiore.
Non v’è poi chi non veda in questa nuova relazione tra il danneggiato/assicurato e l’ente assicuratore la problematica afferente all’evidente conflitto di interessi in cui la compagnia di assicurazione verserà per il fatto di gestire una posizione di danno rispetto alla quale il proprio interesse (ad una definizione il meno possibile onerosa) potrà collidere con quello dell’assicurato (ad una giusta liquidazione).

La previsione suddetta, di estromettere gli avvocati dal contenzioso r.c.a., ha introdotto una limitazione ad un diritto sostanziale del consumatore, non prevista dal Codice delle Assicurazioni, e non conforme a costituzione poiché introduce una disparità di trattamento tra coloro che sono soggetti alla procedura ordinaria per i quali non trova alcun limite al rimborso delle spese legali e coloro che, invece, obbligati a seguire la procedura di risarcimento diretto non potranno ottenere, da parte dell’impresa assicuratrice, la corresponsione dei compensi per l’assistenza professionale di cui si siano avvalsi.

Tuttavia, se il danneggiato non accetta l’offerta, i compensi per l’assistenza legale stragiudiziale potranno essere richiesti in sede di giudizio; non si nega, quindi, che si potrà ravvisare allora la necessità di affrontare un giudizio finalizzato a vedere riconosciuto il diritto del danneggiato al rimborso dei compensi professionali, il tutto a condizione però che il danneggiato, debitamente informato circa la possibilità di essere serenamente assistiti dagli avvocati, sia consapevole però dell’eventualità di ricorrere alle opportune sedi al fine di soverchiare il limite anzidetto.

Con la nuova procedura i danneggiati sono lasciati completamente nelle mani delle Compagnie di assicurazione, ma, se lo vorranno, non potrà essere loro precluso il diritto, costituzionalmente garantito, di affidarsi ad avvocati che, con la loro preparazione professionale, saranno in grado, come accadeva in passato, di tutelare e proteggere le loro posizioni di contraenti deboli a fronte di quella, evidentemente più forte, delle compagnie di assicurazione e che, soprattutto, prendendo a cuore il destino dei danneggiati, siano pronti a condurre una battaglia nelle opportune sedi contro questa legge iniqua.

Il danneggiato, pur pagando i corretti onorari, continuerà ad avere interesse alla gestione del sinistro da parte del suo legale, perché solo in questo modo potrà essergli garantito il giusto ed equo ristoro dei danni tutti patiti.

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